MetaforA - Architettura per la VITA

 









 Architettura per la vita.


Il termine "metafora" deriva dal greco e significa “portare oltre” e quindi è al tempo stesso una definizione di architettura (che non coincide mai col mero manufatto edile) ed un programma: la volontà di “andare oltre”, portare la nostra professione e la qualità di vita del nostro committente ad un “livello superiore”.

Juhani Pallasmaa in  “Gli occhi della pelle” conclude che:

” il compito senza tempo dell’architettura è quello di creare METAFORE esistenziali incarnate e vissute che concretizzano e strutturano il nostro essere nel mondo”,

in altre parole di rendere concreti, alla scala della comprensione umana, concetti che altrimenti resterebbero astratti.

Se però l’architettura ha un compito sempre uguale nella storia dell’uomo, ogni epoca propone edifici e “stili” diversi e da qui merge l’interrogativo: “quale architettura è adeguata  ai nostri tempi?”

Bruno Zevi, citando Jean  Baudrillard,  asseriva che :

La MODERNITA’ è quella che trasforma una CRISI in VALORE e ne fa scaturire una NUOVA ESTETICA di rottura e di cambiamento

“Moderno” quindi è un atteggiamento, un modo (ce lo ricorda Antonino Saggio) di affrontare la crisi: l’antico la subiva arroccandosi, il moderno la trasforma in valore, in una sfida da affrontare per evolvere!

La prima domanda è dunque: “Qual’è la CRISI dei nostri giorni?”

Crediamo sia ragionevole concentrarci sui cambiamenti climatici che, a cascata, determinano sconvolgimenti geopolitici (le grandi migrazioni) e che possono portare persino all’estinzione della specie umana su questo pianeta.

La CRISI ecologica è stata generata da una scissione tra uomo e natura, tra la supponenza del primo e le leggi della seconda.

Solo fino a pochi decenni fa occorreva impegnare tutto il nostro corpo per assicurarci la sopravvivenza o, per le meno, condizioni di confort accettabili: per scaldarsi occorreva andare a tagliare alberi, poi ridurli a pezzi maneggevoli, ricoverarli con cura e nella stagione fredda scendere o salire delle scale per portarli in casa ed alimentare il fuoco, con dedizione e continuità. Oggi è sufficiente pigiare un tasto o registrare un termostato. Ragionamento analogo vale per l’illuminazione , per la ventilazione, per salire anche solo un piano o per spostarci anche  per tragitti molto brevi.

Abbiamo quindi individuato la CRISI e le possibili cause. Come trasformarla in VALORE e NUOVA ESTETICA?

Dobbiamo rimettere  il CORPO al centro della vita e, di conseguenza, della progettazione.

E’ già un grande passo avanti tendere ad edifici a consumo quasi zero (Enzeb) e scegliere materiali e tecnologie a basso impatto ecologico, valutare quindi tutto il ciclo di vita di un edificio ( quello che si chiama “LCA” ovvero Life Cycle Assessment) ma questo da solo non produce una “estetica”, se non in minima parte.

La risposta ulteriore, secondo noi, risiede nel concetto di “ SENSORIALITA’ ” che significa  progettare e costruire non solo per la vista, ma per tutti i nostri sensi, cioè per l’uomo nel suo complesso, per il suo CORPO e le relazioni che instaura con l’ambiente.

Questo permette di RIEDUCARE l’essere umano, di RICONNETTERLO alla natura, di  fargli comprendere nuovamente che ogni azione ha una sua risposta/impatto e quindi far crescere la sua coscienza/consapevolezza. Questo è il VALORE che la crisi potrebbe produrre!

Se si fa esperienza della bellezza della luce naturale si eviterà il più possibile quella artificiale.

Se si fa esperienza della piacevolezza di una brezza di aria pulita, fresca, profumata, si eviterà di abusare del condizionatore.

Se si vive a contatto col verde, allora ce ne prenderemo cura e lo si  preserverà, prima dentro la  casa ed il proprio terrazzo/giardino e poi via via nei giardinetti vicino casa, nei prati, nei boschi.

Se si convive con  un materiale che sa  invecchiare bene, cioè incorporare le tracce del tempo come valore aggiunto (come succede col buon vino), come “patina”  e non come una rapida usura, allora si entrerà in sintonia col flusso della vita, con la naturalezza dell'invecchiare.

Se la strada che ci conduce dall’abitazione, al negozio o all’ufficio postale è bella, ricca di verde, con panchine e spazi attrezzati, probabilmente si eviterà di prendere l’automobile e di inquinare.

Quindi:  portare il verde sin dentro l’abitazione, per piccola che sia, potenziare ciò che permette di avere la giusta luce naturale, utilizzare materiali che invecchiano bene, minimizzare le dispersioni e massimizzare, quando serve, gli apporti gratuiti ..genera una NUOVA ESTICA.

Questo non vuol dire che l’edificio deve essere un “oggetto” avulso dal suo contesto: al contrario! L’architettura è in primis “relazione” col luogo in cui sorge, antropico o naturale che sia,  ma si tratta di un approccio esperienziale/sensoriale e non puramente visivo, forse fotogenico, ma non per questo sano e sostenibile.

Occorre quindi  superare il modello che è stato imposto dalla predominanza dell’immagine e dei media: “esisto se appaio”  e trovare un nuovo slogan-filosofia che produca una nuova estetica.

Potremmo proporre: 

“dall’architettura per la vista all’architettura per la VITA”.

E la metafora (dopo quella della macchina o dell’elettronica) sarà allora quella del NIDO: accogliente e caldo ma aperto al mondo, e questo (per usare ancora le parole di Pallasmaa) perché vogliamo una architettura che

“nello stesso momento in cui ci rende consapevoli della profondità della terra ci fa sognare la levitazione ed il volo”.


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