Manifesto di una ARCHITETTURA GENTILE
Così si intitola un mio breve saggio apparso sul format Cityvision
curato da Francesco Lipari.
La domanda di fondo posta da Lipari a vari architetti è:
come sarà l'architettura dopo il COVID19?
Nel mio breve articolo (che vi invito a leggere integralmente al link sotto indicato)
parto dall'analisi della situazione attuale sostenendo che questo virus ci sta rendendo coscienti di almeno due cose: la prima è l'esperienza del nostro corpo, sia nella sua fragilità, sia nella sua importanza nella conoscenza del mondo, nella socialità, in quei contatti che, ora impediti, ci appaiono ancora più indispensabili di prima.
La seconda è che il pianeta, senza di noi, sta meglio.
La prima considerazione mi porta a pensare che vorrei una architettura non solo “retinica”, fatta per gli occhi e per le riviste, ma SENSORIALE/ESPERIENZIALE, fatta per tutti i nostri sensi, per il nostro corpo nella sua interezza e complessità, una architettura del tatto, dell'olfatto, del suono, dell'”apticità”!
Una architettura fatta apposta affinchè si possa esperire e comprendere il mondo attraverso il nostro corpo.
Una architettura fatta apposta affinchè si possa esperire e comprendere il mondo attraverso il nostro corpo.
La seconda osservazione, se siamo dotati di un minimo di buon senso ed umiltà, ci costringerà (finalmente) a passare da una architettura che costruisce, occupa spazi, consuma energia e materie prime ad un'altra che invece “libera” suolo, demolisce ciò che non è necessario rendendo fruibile e armonico il paesaggio, recupera ciò che di importante è stato costruito
(penso ad esempio alle grandi aree industriali dismesse, come i capannoni del sale di Tortona, ad esempio, ma anche alle grandi costruzione agricole spesso abbandonate), restituisce spazio alla collettività (lo spazio pubblico che fa parte dei quella “identità italica” che oggi riscopriamo cantando sui balconi) e che sappia essere totalmente sostenibile, cominciando dall'energia necessaria per la costruzione sino alla dismissione/riciclo.
(penso ad esempio alle grandi aree industriali dismesse, come i capannoni del sale di Tortona, ad esempio, ma anche alle grandi costruzione agricole spesso abbandonate), restituisce spazio alla collettività (lo spazio pubblico che fa parte dei quella “identità italica” che oggi riscopriamo cantando sui balconi) e che sappia essere totalmente sostenibile, cominciando dall'energia necessaria per la costruzione sino alla dismissione/riciclo.
Se è vero, come diceva Bruno Zevi (che a sua volta si rifaceva a Baudrillard ) che “la modernità è quella che trasforma una crisi in valore e ne fa scaturire una nuova estetica di rottura e di cambiamento”, quale sarà l'estetica futura?
Se i principi saranno la “sensorialità” e la “circolarità” penso a costruzioni leggere, quasi “Plug-in”, magari in legno, che si connettono sia agli edifici esistenti ma anche a terreni vergini senza lasciare traccia sull'ambiente, reversibili, smontabili.
Insomma, in una sola parola, una architettura “GENTILE”.
Insomma, in una sola parola, una architettura “GENTILE”.
(post del 2020)
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